Sarebbero dovute raddoppiare entro il 2022, stando all’obiettivo stabilito dal programma Tx2 che aveva come scopo proprio quello di invertire la rotta e salvare la maestosa specie felina. Le tigri invece continuano a diminuire e sono state ufficialmente dichiarate estinte in Vietnam, Laos e Cambogia. Anche negli altri paesi del Sud-est asiatico, dove un tempo prosperavano, il numero di felini si è ancora una volta ridotto. In occasione della Giornata mondiale della tigre, che si è celebrata lo scorso 29 luglio, l’organizzazione internazionale di difesa dell’ambiente e delle specie a rischio ha rinnovato l’allarme dando però qualche barlume di speranza sulla possibilità di recuperare la specie.
In cima alla lista delle attività che minacciano la salvaguardia delle tigri ci sono il commercio illegale di tigri e parti di esse, seguito dalla perdita di habitat naturale che consegue allo sviluppo delle infrastrutture, all’espansione dell’agricoltura e al disboscamento illegale. A queste si aggiunge la presenza di circa 12 milioni di trappole sparse su tutto il territorio del Sud-est asiatico, che continuano a mettere a repentaglio la sopravvivenza della specie. Il mercato illegale in particolare rappresenta un ostacolo apparentemente insormontabile. È stato calcolato che tra il 2000 e il 2018 siano stati uccisi circa 1004 esemplari, dato che si evince dal quantitativo di parti di tigre rinvenuto e sequestrato in quel periodo. Altri 8.000 felini vivono invece in cattività tra Cina, Thailandia, Laos e Vietnam. Il traffico illegale di tigri è un fenomeno che non riguarda solo il continente asiatico ma che interessa anche altre parti del mondo, Europa compresa. Risale al 2019, ad esempio, la vicenda di dieci tigri che hanno vissuto una vera e propria odissea per poter essere trasportate da Latina alla Russia, dove erano destinate ad uno zoo.
Il capo della Tigers Alive Initiative del WWF, Stuart Chapman, è però convinto che non tutto è ancora perduto: “Non sarà troppo tardi se verranno intraprese azioni urgenti per gestire le ultime roccaforti di questo simbolo della natura selvaggia. Paesi come India, Nepal e Russia hanno dimostrato che con gli interventi giusti le popolazioni di tigre possono riprendersi e, in alcuni casi, raddoppiare in un periodo di tempo relativamente breve. Tutelando l’habitat e garantendo loro la disponibilità di prede e un’adeguata difesa dal bracconaggio, le tigri possono riappropriarsi del loro spazio” ha affermato. Degli esempi di successo nella lotta al bracconaggio ci arrivano dal complesso forestale di Belum Temengor in Malesia, dove le pattuglie anti-bracconaggio guidate dai membri della comunità indigena sono riusciti a ridurre del 94% le trappole, e anche dal Santuario della fauna selvatica di Huai Kha Khaeng in Thailandia, dove le tigri si stanno diffondendo grazie alla rete creata tra le aree protette.
I governi del Sud-Est asiatico saranno presto chiamati ad agire per intervenire attraverso l’approvazione di un piano d’azione per il recupero della tigre che sarà presentato alla quarta conferenza ministeriale asiatica sulla conservazione, la quale si terrà a novembre in Malesia. Il piano dovrebbe prevedere un incremento delle risorse destinate alle aree protette e l’istituzione di Comitati nazionali per la tigre presieduti direttamente dal capo del governo. Inoltre, dovrebbe includere anche misure, già adottate con successo in altri paesi, per reintrodurre la specie in natura e contrastare il commercio illegale delle tigri.