In Italia, la produzione di energia elettrica da fonte nucleare è stata oggetto di grande dibattito e controversia a causa dei referendum votati in seguito agli incidenti avvenuti alle centrali di Chernobyl e di Fukushima. “Cosa accadrebbe nell’ipotesi che la produzione di energia elettrica da fonte nucleare venisse di nuovo sdoganata in Italia?”. Ad approfondire il tema è Valentina Colucci in un suo recente editoriale pubblicato su “Formiche”.

Nonostante le conoscenze tecnologiche e le realizzazioni di centrali nucleari fra le più avanzate in Occidente fino agli anni Settanta del secolo scorso, il destino della produzione di energia nucleare nel nostro Paese è stato fortemente pregiudicato da questi eventi catastrofici. Tuttavia, in considerazione dell’aumento della domanda di energia elettrica e delle sfide poste dalla guerra in Ucraina, l’utilizzo di energia elettrica da fonte nucleare è tornato ad essere un elemento da tenere in considerazione. Anche alcune grandi aziende energetiche italiane hanno avviato programmi sostenibili nel settore dell’energia nucleare, sulla base dell’assunto carbon free del nucleare.

E se in Italia venisse di nuovo presa in considerazione la produzione di energia elettrica da fonte nucleare? Saremmo pronti per attuare una tale ipotesi? Secondo Valentina Colucci la risposta è no. Attivare l’energia elettrica da fonte nucleare “non significa soltanto allacciare una centrale alla rete, ma avviare un intero sistema”, spiega. Ciò richiede un riordino dell’esistente, basato su tre pilastri fondamentali: l’istituzione di un’autorità di controllo dedicata, la valorizzazione del capitale umano e della ricerca, e una politica industriale dedicata.

Per quanto riguarda l’autorità di controllo, sarebbe necessario rafforzare la Safety Authority (Isin, ex Ispra nucleare) in modo da garantire una maggiore sicurezza. L’autorità di controllo dovrebbe essere “forte, realmente indipendente e autorevole”, garantendo al contempo competenza sia sulle strutture oggi dedicate al “tema nucleare” sia sui progetti di sviluppo sostenibile del nucleare.

Sarebbe inoltre necessario valorizzare il capitale umano e la ricerca, aumentando il numero di laureati in ingegneria nucleare e rilanciando le attività di ricerca e sviluppo con finanziamenti specifici ai dipartimenti dell’Enea dedicati al nucleare. Va infatti ricordato che oggi i laureati in ingegneria nucleare arrivano a circa un centinaio all’anno.

Sarebbe infine necessario promuovere una politica industriale e una governance del sistema efficienti, in grado di gestire il programma di decommissioning nucleare ottimizzando il processo delle attività e l’intero sistema di competenze nazionali in generale, specifica Valentina Colucci.

Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti nucleari, invece, la separazione delle competenze e responsabilità in ordine alla gestione del Deposito Nazionale dei rifiuti nucleari potrebbe rappresentare una soluzione ottimale al fine di creare un “virtuoso conflitto di interessi” tra i soggetti produttori di rifiuti e l’organismo preposto alla sicurezza.

Ridurre il costo delle esternalità ambientali delle attività nucleari, si legge ancora, delle quali avevano beneficiato le generazioni passate sostenute dalle generazioni presenti a esclusivo vantaggio di quelle future, consentirebbe di attenuare il prelievo annuale in bolletta estendendolo su un arco di tempo molto più lungo dei 30/40 anni attuali.

Il futuro dell’energia nucleare in Italia è quindi un tema che richiede una discussione approfondita. Mentre l’utilizzo dell’energia nucleare potrebbe essere una soluzione per rispondere alle sfide energetiche del futuro, dobbiamo prima affrontare le sfide attuali e garantire che la sicurezza e la sostenibilità siano al centro della nostra strategia energetica.

Per maggiori informazioni:

https://formiche.net/2023/04/nucleare-italia-sistema-nuove-tecnologie/  

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Categories: Energia

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